La procura di Palermo ha chiesto
la condanna a 13 anni di Andrea Bonafede, cugino e omonimo
dell’alter ego del boss Matteo Messina Denaro, accusato di
associazione mafiosa. L’imputazione originaria era di
favoreggiamento aggravato, ma nel corso delle indagini, con
l’emergere di nuove prove a carico dell’operaio comunale di
Campobello di Mazara, i pm Gianluca De Leo e Piero Padova
l’hanno modificata aggravandola.
Secondo l’accusa, oltre a fare da “postino” facendo avere all’ex
latitante, in cura per un cancro, prescrizioni e ricette
compilate dal medico Alfonso Tumbarello, anche lui indagato,
Bonafede avrebbe assicurato al capomafia una assistenza
continua. L’operaio, nipote del boss del paese Leonardo
Bonafede, si è sempre difeso sostenendo di aver consegnato i
documenti al cugino che aveva prestato l’identità a Messina
Denaro ritenendo che fosse lui il paziente e non il latitante.
Dalle indagini, però, è emerso che almeno in due occasioni, nel
novembre del 2020, Bonafede avrebbe attivato due sim per il
cellulare che, secondo i magistrati, sarebbero state in realtà
utilizzate dall’allora latitante.
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