E’ morto pochi anni dopo la sua
scomparsa, circa tre decenni fa, uno degli ultimi ricercati per
il genocidio in Ruanda nel 1994, che vide massacrate oltre
800.000 persone in 100 giorni, in gran parte tutsi: lo ha
confermato oggi il procuratore del Tribunale criminale
internazionale per il Ruanda (Icrt). Si tratta di Aloys
Ndimbati, ritenuto fuggiasco da trent’anni. Era accusato di
genocidio, complicità nel genocidio, istigazione diretta e
pubblica a commettere il genocidio e crimini contro l’umanità di
sterminio, omicidio, stupro e persecuzione.
L’Ufficio del Procuratore presso il Meccanismo Residuo
Internazionale per i Tribunali Penali – il successore del
tribunale delle Nazioni Unite – ha affermato di essere stato in
grado di concludere “dopo un’indagine approfondita e
impegnativa” che Ndimbati è morto intorno alla fine di giugno
1997. “Non sono state identificate prove attendibili e
corroborate del fatto che fosse vivo dopo tale data”, ha
affermato la procura in una nota. Le circostanze esatte della
sua morte a Gatore, nel sud-est del Ruanda, non sono state
determinate “a causa della confusione e dell’assenza di ordine
in quel momento”.
Ora restano solo altri due latitanti ricercati dal Tribunale
criminale internazionale per il Ruanda (Ictr): Charles Sikubwabo
e Ryandikayo, ha segnalato l’ufficio del pubblico ministero.
Ndimbati è stato incriminato per la prima volta dal tribunale
nel novembre 1995 ed era accusato di aver organizzato e diretto
personalmente massacri e uccisioni di migliaia di tutsi, in
qualità di capo della prefettura di Kibuye.
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