Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaCercano di diventare adulte le ambizioni del principale museo di Hong Kong. L’M+ Museum è ormai la maggior attrazione del nascente distretto culturale di West Kowloon. Non per nulla alla sua ombra gravitazionale troviamo anche la sede di Phillips, la dinamica casa d’aste da sempre attentissima alla scelta strategica delle proprie location.Quartiere di cantieri e cantiere d’arte e politica, la scoperta dell’M+ (cioè Museo e molto di più) è una scommessa vinta innanzitutto per il gioco di proporzioni tra spazi architettonici e spazi espositivi; una sintesi non sempre riuscita nella categoria degli ambienti museali moderni, come i recenti esempi di Berlino, Roma e Mosca dimostrano.Loading…Herzog & de Meuron e FarrellsIl progetto firmato Herzog & de Meuron e Farrells ha equilibrio, forse per la consuetudine di questi blasonati studi con la pratica del transit-oriented development, cioè l’integrazione del trasporto pubblico come elemento essenziale del progetto architettonico. Stessa logica per l’interno. Le opere e le installazioni, in parole povere, non si perdono dentro il museo, ma posso godere del loro giusto agio, e così i visitatori.Quanto alle collezioni, l’agio è assai relativo, ancorché denso e vibrante, perché uno dei nuclei fondamentali del museo viene dal celeberrimo Uli Sigg, diplomatico e collezionista elvetico che ha donato all’M+ ben 1450 opere della sua collezione privata di arte cinese comprendente oltre 300 artisti. Tra i lavori più interessanti quelli di Gu Dexin, Zhang Huan, Liu Wei, Wang Wei, Li Songsong.Un estratto poderoso che Sigg ha scientemente voluto fosse a Hong Kong, dove il non allineamento alla Repubblica Popolare è un fattore decisivo, ancorché dialettico, di libertà d’espressione. E non a caso di un artista come Ai Weiwei si contano qui diverse opere, altrimenti osteggiate a Pechino.