Eliminare il tetto agli stipendi dei manager pubblici per riuscire a portare anche ai vertici della pubblica amministrazione italiana ‘i migliori’. L’idea torna a balenare nelle parole del ministro della Funzione pubblica, Paolo Zangrillo, che – in un’intervista al Foglio – solleva un tema delicato ed in passato estremamente divisivo per la politica italiana.
Provare a dire addio al tetto dei 240.000 euro “è un ragionamento che prima o poi andrà fatto, se l’obiettivo è quello di reclutare i migliori”, spiega il ministro, puntualizzando subito però di non averne ancora parlato con i colleghi della maggioranza. L’argomentazione però è chiara: “anche nel pubblico, come nel privato, le posizioni apicali comportano grandi responsabilità e, per ricoprirle, servono competenze specialistiche e capacità manageriali. Puntare a una classe dirigente con queste caratteristiche, – sottolinea Zangrillo – significa uscire dai recinti ideologici e guardare al pubblico come al privato”.
Quei recinti però finora hanno resistito, nonostante i tentativi di abbatterli arrivati in più occasioni. La norma che ha introdotto il tetto risale al 2011, con il governo Monti alle prese con il ‘Salva-Italia’ per rimettere in sesto i conti pubblici italiani. Il governo Renzi ne ampliò la portata nel 2014, estendendone la platea. Nel settembre 2022, il Parlamento tentò un blitz nel corso dell’esame del decreto aiuti-bis, con un emendamento approvato al Senato per escludere dai limiti alcuni capi di stato maggiore, i capi dipartimento della presidenza del Consiglio, il segretario generale della presidenza del Consiglio, i capi Dipartimento e i segretari generali dei ministeri. L’ira dell’esecutivo allora guidato da Mario Draghi ristabilì però rapidamente lo status quo con un successivo emendamento governativo. Lo scorso anno, la polemica è invece scoppiata intorno alla misura inserita nel dl asset per pagare i professionisti (esperti, ingegneri, avvocati, liberi professionisti, geologi) al lavoro sul Ponte di Messina, inizialmente interpretata come potenziale deroga anche per i componenti della società Stretto.
Il problema dei salari della Pubblica amministrazione esula comunque dai soli vertici. Zangrillo non disdegna l’idea di legare eventuali incrementi anche per le fasce intermedie alla produttività, giudicando “impensabile continuare con la logica degli aumenti a pioggia e dei dipendenti tutti eccellenti”. “La Pubblica amministrazione, come qualunque altra organizzazione, – sottolinea ancora il ministro – deve assegnare obiettivi veri e sfidanti, in base ai quali riconoscere l’eccellenza, e deve disporre di un sistema di misurazione e di valutazione della performance coerente con l’assegnazione dei premi”.
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